Sommario L'operatore di derivazione, e le combinazioni lineari di derivazioni che appaiono nei primi membri delle equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti , sono applicazioni lineari tra spazi di funzioni, che sono spazi vettoriali di dimensione infinita. Quando le equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti non sono omogenee , si può dimostrare l'esistenza delle soluzioni ma di solito non è agevole calcolarle esplicitamente. Se si riesce a considerare la restrizione di un operatore differenziale ad un sottospazio di dimensione finita, il problema è ricondotto ad un sistema di equazioni lineari nelle coordinate rispetto ad una base di questo spazio. La scelta del sottospazio di dimensione finita non è però arbitraria: esso deve contenere non solo il secondo membro, ma anche il nucleo dell'operatore; siamo perciò condotti a studiare gli spazi di quasipolinomi.
Definizione:
L' insieme dei quasipolinomi con esponente dato e grado limitato è un sottospazio vettoriale dello spazio a dimensione infinita delle funzioni (con k abbastanza grande). Il teorema delle soluzioni dell'equazione a coefficienti costanti assicura che ogni equazione di questo tipo, omogenea, ha soluzioni che sono combinazioni lineari di quasipolinomi, purché le radici del polinomio caratteristico siano reali.
Niente impedisce di considerare quasipolinomi con un esponente complesso, e con coefficienti dei polinomi pure complessi, come si vedrà nel metodo delle ampiezze complesse . Il teorema delle soluzioni dell'equazione a coefficienti costanti ci assicura che tutte le soluzioni delle equazioni omogenee sono in ogni caso combinazioni lineari di quasipolinomi, pur di considerare coefficienti complessi coniugati per i quasipolinomi complessi in e dove siano radici del polinomio caratteristico.
È immediato verificare che l'operatore di derivazione D trasforma in se stesso:
Poiché la restrizione dell'operatore di derivazione a è un'applicazione lineare tra spazi vettoriali di dimensione finita, basta scegliere una base per trovare una matrice associata:
Teorema della derivazione sui quasipolinomi : L'operatore lineare
è invertibile per , nilpotente (di rango n+1-1=n) per .
Dimostrazione:
ne costituiscono una base, rispetto alla quale l'endomorfismo lineare d/dt è rappresentato dalla matrice
con N nilpotente di ordine n+1. Perciò per l'operatore è invertibile, per si riduce alla parte nilpotente con un solo blocco di Jordan .
Il teorema della derivazione sui quasipolinomi ha immediata applicazione alla risoluzione di un'equazione differenziale lineare di ordine n a coefficienti costanti che sia non omogenea , cioè con secondo membro una funzione assegnata. Per ogni funzione x(t), sia P(D) l'operatore differenziale lineare definito dal polinomio come
Teorema dell' isomorfismo tra quasipolinomi : Se , l'operatore
è un isomorfismo lineare per ogni .
Dimostrazione:
dove B è una matrice con coefficienti non nulli solo sotto la diagonale. Allora l'operatore P(D) ristretto a è associato alla matrice
dove C ha pure coefficienti non nulli solo sotto la diagonale. Perciò P(D) ha sulla diagonale principale coefficienti tutti uguali a , e , ossia P(D) è invertibile.
Teorema dell' abbassamento di grado dei quasipolinomi : Se è una radice di di molteplicità r, cioè se
essendo Z un polinomio con , allora
Dimostrazione:
con un isomorfismo lineare, che conserva il grado (per il teorema dell'isomorfismo tra quasipolinomi ). Invece lo abbassa di r: su ogni elemento della base N agisce così:
quindi per s>r
I due teoremi suggeriscono la forma delle soluzioni di un'equazione del tipo in cui il termine ``forzante'' g(t) è del tipo , con polinomio di grado n.
Infatti, come si verifica facilmente, applicando l'operatore P(D) alla funzione , dove è un polinomio di grado k, si ottiene
per un certo polinomio di grado h. Quindi P(D) trasforma un quasipolinomio di grado k in un quasipolinomio con lo stesso esponente, ma con grado h che dipende dall'ordine della prima derivata di P che non si annulla in . Sia r è la molteplicità di come radice di P, allora .
Quindi se, dato , si vuole ricostruire :
La soluzione generale dell'equazione non omogenea si può esprimere come somma di una soluzione particolare dell'equazione non omogenea e della soluzione generale dell'equazione omogenea; quest'ultima contiene le costanti arbitrarie che possono essere determinate in modo da soddisfare alle condizioni iniziali .
La regola precedente non ha niente di diverso da quella che si usa per risolvere un sistema lineare non omogeneo in uno spazio a dimensione finita; ed in effetti a questo ci siamo ricondotti. Il sistema lineare che lega le costanti arbitrarie alle condizioni iniziali ha matrice dei coefficienti uguale a quella del caso omogeneo, e differisce solo per il secondo membro; quindi anche in questo caso la soluzione è sempre unica.
Esercizio Risolvere l'equazione del quarto ordine
nei casi in cui e .
Estendiamo la definizione di quasipolinomio al caso con esponente complesso
con : ciò consente di risolvere anche i sistemi dinamici lineari non omogenei in cui le componenti del termine ``forzante'' contengono seni e coseni.
Si noti che in questo capitolo usiamo la notazione in cui ``i'' è l'unità immaginaria, per evitare confusione tra operazioni matriciali e il prodotto di uno scalare complesso per un vettore o matrice.
Supponiamo che il problema da risolvere sia un'equazione di ordine n non omogenea della forma
dove g(t) può essere considerata, senza perdita di generalità, del tipo
dove
per R(t) polinomio reale e S(t) polinomio complesso di grado k; allora si ottiene , dove z(t) è la soluzione complessa dell'equazione
Nel caso particolare in cui è costante e , per il teorema dell'isomorfismo tra quasipolinomi esiste una costante H per cui (metodo delle ampiezze complesse ).
Infatti ; il valore di che risolve l'equazione con si ricava da un'equazione algebrica:
ossia:
Passando alla rappresentazione esponenziale del numero complesso H, cioè scrivendo ,
prendendo la parte reale si ottiene la soluzione particolare dell'equazione a coefficienti reali
che permette di osservare lo sfasamento di un angolo fra il termine ``forzante'' g(t) e la risposta ``forzata'' x(t), la cui intensità è proporzionale a quella di g(t).
Il nome ``ampiezze complesse'' si spiega se si considera prima il caso in cui il secondo membro sia soltanto un coseno, ed il primo membro un oscillatore armonico; allora il coefficiente da determinare è l'ampiezza (reale) dell'oscillazione forzata.
Nel caso in cui , invece, l'operatore differenziale genera, nella soluzione dell'equazione omogenea, termini con lo stessa frequenza di g(t): si può verificare così una risonanza fra l'operatore differenziale e il termine forzante, e per determinare la soluzione z(t) si applica il teorema dell'abbassamento di grado dei quasipolinomi .
Esercizio Risolvere l'equazione del quarto ordine
nei casi in cui . (Soluzione)
Esempio:
le cui soluzioni sono la parte reale delle soluzioni complesse di
Allora, se (sempre verificato se ),
la soluzione dell'equazione omogenea (cioè dell'oscillatore lineare ), supponendo che , in modo che abbia radici complesse , è
per costanti arbitrarie e , oppure A e , mentre la soluzione particolare dell'equazione non omogenea è
Se si calcola la costante complessa H usando il normale procedimento di razionalizzazione delle frazioni con radicali (in fondo l'unità immaginaria è appunto ), cioè usando :
si vede che le soluzioni dell'oscillatore lineare forzato si possono scrivere usando solo le quattro operazioni aritmetiche.
Figure 8.1: Risposta di un oscillatore armonico forzato: a
sinistra l'ampiezza dell'oscillazione forzata, a destra il ritardo di
fase, in funzione della frequenza forzante. In questo caso alla
frequenza 1 si ha risonanza.
Esempio:
e, per ,
in tal caso
con c e da determinare in base alle condizioni iniziali del problema; l'ampiezza della risposta tende all'infinito alla risonanza , cioè per (si veda la Figura 8.1). Si crea così un battimento : indicando con e B=c,
ed utilizzando le formule di prostaferesi:
Figure 8.2: Nella soluzione dell'oscillatore armonico
forzato si ottiene un battimento. In particolare se la frequenza
forzante e quella di oscillazione propria sono molto vicine, la
soluzione appare come un'oscillazione con frequenza vicina ad
entrambe, la cui ampiezza oscilla a bassa frequenza.
In Figura 8.2 è tracciato un grafico di x(t) per A=-B e , con in modo da rendere la frequenza molto più alta di .
Esempio:
dove sono le radici di
Qui , per quanto possa avvicinarsi a se è molto piccolo.
La risposta forzata ha un andamento illustrato nella Figura 8.3: l'ampiezza della oscillazione forzata, e lo sfasamento, sono dati da:
quindi
Figure 8.3: Risposta di un oscillatore lineare forzato: a
sinistra l'ampiezza dell'oscillazione forzata, a destra il ritardo di
fase, in funzione della frequenza forzante. Alla frequenza 1 si ha
risonanza, ma la risposta ha un'ampiezza finita, proporzionale
all'inverso della dissipazione.
La soluzione omogenea è un'oscillazione smorzata: se essa tende a 0 (esponenzialmente) e diventa trascurabile dopo un tempo abbastanza lungo (vedi Figura 8.3).
Figure 8.4: La soluzione omogenea di un oscillatore
lineare con dissipazione positiva si smorza rapidamente, in modo
esponenziale, e diventa trascurabile.
Nel caso in cui il termine forzante risuona con le soluzioni dell'equazione omogenea, cioè, in forma complessa,
dalla teoria dei quasipolinomi si ricava la forma della soluzione particolare dell'equazione non omogenea
con una costante H da determinare.
Esempio:
le radici di sono , e la forma complessa dell'equazione è
Figure 8.5: Soluzione di un oscillatore armonico alla
risonanza esatta tra forzante e oscillazioni proprie; in questa figura
si mostra solo la parte forzata, la cui ampiezza di oscillazione
cresce linearmente ed illimitatamente col tempo.
La soluzione particolare è e la soluzione generale è
per determinare H
per cui . Allora la soluzione particolare è
e la soluzione generale dell'equazione a coefficienti reali è
con a, costanti da determinare con le condizioni iniziali.
Tale soluzione può essere confrontata con quella non risonante (corrispondente al caso ) osservando che la fase di è (per ), quindi intermedia tra i due valori limite che si ottengono per da destra e da sinistra, cioè 0 e , mentre l'ampiezza dell'oscillazione forzata cresce con il tempo. Nella Figura 8.5 si rappresenta la sola soluzione forzata (a=0).
In termini euristici, la risonanza può essere descritta come un caso in cui l'ampiezza cresce per un indefinito accumularsi degli effetti nel tempo. Dal caso con dissipazione si passa al limite per : se è piccolo l'ampiezza della risposta è per , con fase ; il battimento tra e per ha periodo che tende all'infinito, cioè il periodo di accumulazione dell'effetto è sempre più lungo.