Sommario Aggiungendo ad un sistema hamiltoniano integrabile una perturbazione, dipendente da un piccolo parametro, si ottengono soluzioni che possono essere calcolate (in modo approssimato al primo ordine nel piccolo parametro) con un'equazione integrabile per quadratura. La quadratura può essere eseguita termine a termine se la funzione perturbatrice è espressa mediante una serie di Fourier; tuttavia non è facile dimostrare la convergenza della serie che esprime la soluzione, poiché essa dipende dalla presenza di un reticolo denso di risonanze.
Dato un sistema hamiltoniano integrabile , possiamo supporre che sia scritto direttamente nelle variabili azione-angolo :
dove è una qualunque funzione di classe su un aperto D di . Supponiamo ora di aggiungere al sistema dinamico una perturbazione che ne conservi il carattere hamiltoniano: perturbiamo cioè la funzione di Hamilton come
dove la parola ``perturbazione'' significa semplicemente che siamo interessati al caso in cui il parametro reale è ``piccolo'', in un senso che sarà precisato tra breve. La funzione dipende sia dalle azioni I che dalle ; poiché queste ultime sono variabili angolo , la funzione deve essere periodica di periodo in ciascuna di esse. Oltre a ciò, supporremo che sia differenziabile (di classe ) su un insieme della forma .
Le soluzioni del problema integrabile ``imperturbato'' sono espresse, in funzione delle condizioni iniziali , da semplici scorrimenti
vogliamo calcolare una soluzione approssimata del problema perturbato con hamiltoniana , che differisca dalla soluzione esatta solo per termini dell'ordine di infinitesimo di per . Si noti che le soluzioni dipendono in modo differenziabile dal parametro : basta aggiungere al sistema di equazioni differenziali di Hamilton l'equazione per trasformare in una condizione iniziale, rispetto alla quale il flusso integrale è differenziabile. Perciò possiamo espandere le soluzioni come
e cercare le equazioni differenziali a cui devono soddisfare le ``perturbazioni'' . Sostituendo nelle equazioni di Hamilton con hamiltoniana si ricava
ed isolando la parte di ordine 1 in :
Queste equazioni perturbative sono equazioni differenziali lineari dipendenti dal tempo (che appare nelle soluzioni imperturbate ); si noti che vi appaiono le derivate parziali delle frequenze proprie del sistema imperturbato, cioè le derivate seconde di . Ma la proprietà più importante è che le equazioni perturbative sono integrabili per quadrature:
dove le espressioni integrande sono funzioni note di t.
Per precisione, nella seconda quadratura la funzione integranda è nota solo dopo avere eseguito la prima quadratura ed aver ricavato ; in altre parole, è sempre necessaria una doppia quadratura .
In conclusione, anche se il sistema hamiltoniano non è integrabile, l'approssimazione del primo ordine è calcolabile per quadrature.
Una soluzione per quadrature dell'equazione perturbativa non è sempre un metodo efficace per approssimare la soluzione, per due motivi. In primo luogo, in generale non si può integrare una funzione nota del tempo (ma con espressione molto complicata) passando attraverso un'espressione analitica della primitiva, che non è nota; né la quadratura numerica è necessariamente più facile dell'integrazione numerica diretta delle equazioni di Hamilton. Inoltre, la soluzione perturbativa è utile solo se risulta essere ``piccola'', ossia se i prodotti sono effettivamente dell'ordine di , il che non può essere garantito per t grande; se questo non è vero, non c'è ragione di sperare che il termine , che è stato trascurato, sia piccolo.
Entrambi i problemi possono essere affrontati utilizzando l'espansione in serie di Fourier dell'equazione perturbativa. Abbiamo già osservato che la funzione è periodica di periodo in ciascuno degli angoli ; poiché tale funzione è almeno , per ogni I fissato esiste una serie di Fourier che converge uniformemente su alla funzione perturbativa:
dove K è un multiindice , cioè un vettore con coefficienti interi, ed i coefficienti di Fourier sono funzioni delle variabili azione a valori complessi (invece delle esponenziali complesse si potrebbero usare le funzioni trigonometriche reali e ). Si noti che il termine costante rispetto a , cioè con , si può supporre nullo (altrimenti si aggiunge ad ).
Sostituendo nell'equazione perturbativa, si possono eseguire termine a termine le derivate rispetto agli angoli :
Quando si sostituisce , la serie a secondo membro diventa una serie di funzioni trigonometriche con argomenti funzioni lineari di t. Se supponiamo di poter integrare termine a termine, basta dividere ogni termine per la frequenza
per ottenere un'espressione della perturbazione mediante una serie: se questa serie è convergente, allora, per sostituzione nella seconda equazione perturbativa, si ottiene un'altra quadratura ugualmente eseguibile termine a termine, e si ricava un'espressione per serie anche di :
La difficoltà della quadratura viene sostituita dalla difficoltà di calcolare i coefficienti di Fourier ; in molti interessanti casi pratici ciò è possibile, anche se laborioso.
Questo procedimento è stato usato per circa 150 anni, ad esempio per risolvere problemi esprimibili come perturbazioni del problema dei due corpi , come il moto dei pianeti attorno al Sole tenendo conto delle attrazioni reciproche dei pianeti. Soltanto al termine di tale periodo i matematici hanno tentato di rispondere alle domande, lasciate aperte anche in questa breve presentazione, sulla convergenza delle serie e sulla legittimità delle quadrature per serie.
Il contributo dei termini della serie che esprime le perturbazioni, per esempio per le variabili azione, dipende sia dal valore dei coefficienti di Fourier della funzione perturbativa, sia dai moltiplicatori
questi ultimi dipendono dalle frequenze del problema imperturbato, in particolare dal divisore
che è una combinazione diofantea (ossia con coefficienti interi ) delle frequenze proprie del sistema integrabile che si ottiene per . Se si verifica una risonanza , ossia se esiste un particolare multiindice K tale che il divisore corrispondente si annulla, allora la perturbazione non è esprimibile come una serie trigonometrica. In effetti se , il termine corrispondente di è costante, e contribuisce all'integrale con una funzione lineare del tempo: perciò non è limitata (e cessa di essere piccola per t abbastanza grande), per cui l'espansione in serie di potenze di della soluzione non è uniformemente convergente rispetto a t.
Questo risultato è abbastanza paradossale: per rendersene conto, consideriamo il caso n=2 a due gradi di libertà, con le due sole frequenze proprie . Fra tutti i divisori
con non entrambi nulli, si trova lo zero se e solo se è razionale, ossia se il corrispondente flusso di Kronecker ha tutte le orbite periodiche. Ma al variare di il rapporto può variare, e quindi passerà da valori razionali a valori irrazionali in modo discontinuo, visto che sia che sono densi in . Dobbiamo concludere che il problema non è risolubile su nessun aperto dello spazio delle condizioni iniziali?
La risposta a questa domanda richiederebbe la conoscenza di alcuni dei risultati più profondi della matematica degli ultimi decenni; per vedere alcuni enunciati recenti, si può consultare l'appendice 8 di [Arnold 86].
Non appena compiuta, nel XIX secolo, la sistemazione rigorosa del calcolo infinitesimale, ci si pose il problema di esprimere le soluzioni di un sistema hamiltoniano qualsiasi mediante una serie di funzioni del tempo t che fosse uniformemente convergente per . Benché questa rappresentazione potrebbe avere molte forme, l'idea era quella di dimostrare la convergenza della rappresentazione per serie di una soluzione perturbativa, cioè sviluppata in serie rispetto ad un piccolo parametro , in modo che a corrispondesse un sistema integrabile.
Definizione:
come serie di Taylor nel parametro
uniformemente convergente per abbastanza piccolo. Nella serie, la soluzione per , e ciascuno dei termini di ordine r>0 `e esprimibile mediante serie di funzioni trigonometriche uniformemente convergenti:
Si intende che le n frequenze proprie sono funzione delle condizioni iniziali, ma costanti lungo ogni orbita.
Il sistema si dirà invece non integrabile se una tale rappresentazione delle soluzioni non è possibile.
Conoscendo gli sviluppi in serie di Fourier usati nell'equazione perturbativa, sembra più facile mostrare che questi sono convergenti (sotto ipotesi opportune) piuttosto che dimostrare la non integrabilità; per ottenere una dimostrazione di quest'ultima occorre non solo dimostrare che un dato sviluppo in serie è divergente, ma che non è possibile trovarne un altro convergente.
Il re di Svezia, dietro suggerimento di Weierstrass e Mittag-Lefter, mise in palio un consistente premio per il primo matematico che fosse riuscito a dimostrare che il problema dei tre corpi puntiformi, che interagiscono solo con la mutua gravitazione, era integrabile (nel senso di Weierstrass). Nel 1889 il premio fu attribuito a H. Poincaré, che aveva dimostrato che il problema dei tre corpi era non integrabile.
Proprietà:
Problema Dimostrare la proprietà precedente: la soluzione, espressa mediante degli scorrimenti nelle variabili azione-angolo del teorema di Arnold-Jost, si trasforma in una serie di Fourier (della forma richiesta dalla definizione di Weierstrass) quando si passa alle variabili .
Anche l'implicazione inversa è vera, pur di aggiungere alcune ipotesi piuttosto tecniche sulla forma delle serie.