Sommario I sistemi hamiltoniani trattano sullo stesso piano le coordinate ed i momenti; perciò è possibile utilizzare dei cambiamenti di coordinate che mescolano le une e gli altri. Se il cambiamento di carta nello spazio delle fasi soddisfa opportune condizioni sulla matrice jacobiana, allora è canonico, cioè conserva la forma delle equazioni di Hamilton. Trasformazioni canoniche possono essere costruite a partire da funzioni generatrici in variabili miste; questo permette di cercare trasformazioni che semplificano le equazioni di moto.
Definizione:
Q,P sono un vettori ad n componenti ; perciò si dice che il sistema ha n gradi di libertà . Per ogni coordinata , la corrispondente è il suo momento coniugato . L'insieme in cui possono variare (P,Q) è lo spazio delle fasi .
Più in generale le Q potrebbero essere le coordinate di una carta locale di uno spazio delle configurazioni definito da vincoli olonomi; in tal caso le P cambiano, nel passaggio da una carta all'altra, in modo covariante , cioè come i gradienti e come le equazioni di Lagrange: se le coordinate nella nuova carta sono Z ed i momenti W
Vogliamo determinare quali cambiamenti di coordinate
mandano le equazioni di Hamilton con hamiltoniana H(P,Q) nelle equazioni di Hamilton con hamiltoniana K(W,Z) che è ottenuta per composizione, cioè che corrisponde per valore :
in tal caso il cambiamento di coordinate si dice una trasformazione canonica .
Teorema delle trasformazioni canoniche : Sia un cambiamento di coordinate che sia un diffeomorfismo ( e con inversa ); se A è la matrice jacobiana di :
la trasformazione è canonica se e solo se identicamente in ogni punto:
dove la matrice J è la matrice
ottenuta accostando matrici zero e matrici indentità di tipo .
Si dice in tal caso che la matrice jacobiana A è una matrice simplettica . La matrice J che definisce la struttura simplettica dello spazio delle fasi di dimensione 2n è evidentemente una generalizzazione della matrice che definisce la struttura complessa del piano (p,q) nel caso ad un solo grado di libertà; infatti è sempre vero che . Se si tiene a mente questa analogia, sia l'enunciato che la dimostrazione di questo teorema sono formalmente identici a quello del teorema delle trasformazioni che conservano l'area .
Dimostrazione:
Calcoliamo la velocità nello spazio (W,Z) considerando le coordinate (W,Z) come funzione delle (P,Q):
e sostituiamo al posto di il secondo membro delle equazioni di Hamilton nelle variabili (P,Q):
Ora si tratta di stabilire che relazione esiste tra il gradiente e quello ; se facciamo l'ipotesi che le due funzioni si corrispondano per valore, utilizzando il differenziale della funzione composta:
Per sostituire nell'equazione precedente occorre tenere presente che
sempre sottintendendo che i punti (P,Q) e (W,Z) si corrispondano per . Allora i due sistemi di equazioni di Hamilton si corrispondono in ogni punto se e solo se vale identicamente:
Esercizio Verificare che sono trasformazioni canoniche le seguenti:
Teorema di Liouville : Se A è una matrice simplettica, cioè , allora valgono le seguenti proprietà:
se è un autovalore di A, anche lo è; sono gli stessi sia la molteplicità dell'autovalore , sia il numero di blocchi di Jordan ).
Poiché il determinante jacobiano appare nella formula di cambiamento di variabile negli integrali multipli , se un diffeomorfismo ha per matrice jacobiana una matrice simplettica allora conserva il volume. Quindi le trasformazioni canoniche conservano il volume dello spazio delle fasi.
Dimostrazione:
A è certamente invertibile, visto che . Scriviamo il polinomio caratteristico di e proviamo che ha le stesse radici di quello di A.
Da , moltiplicando per si deduce , quindi . Allora il polinomio caratteristico per
ha le stesse radici di quello di A. D'altro canto ogni autovettore X di A con autovalore è anche autovettore di con autovalore :
Anche gli autospazi generalizzati, associati all'autovalore per A e all'autovalore per , coincidono:
Abbiamo visto come verificare che una data trasformazione è canonica, mediante la matrice jacobiana. Cerchiamo un metodo per costruire trasformazioni canoniche. Il procedimento è del tutto analogo a quello della funzione generatrice ad un grado di libertà.
Teorema della funzione generatrice : Sia B un insieme aperto dello spazio delle fasi con carta (P,Q), e sia
un diffeomorfismo di classe tra i due insiemi B e C, che sia anche una trasformazione canonica.
Sia un punto di B tale che è una matrice invertibile. Allora esiste un intorno U di su cui la può essere descritta come segue: esiste una funzione F, di classe , delle variabili (Q,W), detta funzione generatrice , il cui differenziale è:
ossia, in termini di derivate parziali
inoltre la funzione F(Q,W) ha la proprietà che
L'insieme di definizione di S(Q,W) è grande ``quanto è necessario'' per definire la trasformazione tra tutti i punti di U e tutti i punti di .
La dimostrazione che segue è simile a quella del teorema della funzione generatrice . La sola difficoltà aggiuntiva sta nel maneggiare la nozione di forma differenziale lineare a 2n variabili:
In particolare va utilizzata la nozione di forma chiusa , ed il teorema di Poincaré .
Dimostrazione:
ha matrice jacobiana invertibile in , e quindi per il teorema della funzione inversa è un diffeomorfismo almeno in un intorno di . Componendo poi questa trasformazione con possiamo esprimere come funzione di (Q,W) anche P=P(Q,W). Allora possiamo considerare la forma differenziale ; essa proviene, per cambiamento di variabili, dalla forma differenziale , ed applicando l'operatore di differenziazione esterna si ottiene la forma differenziale quadratica :
I coefficienti della forma formano la matrice antisimmetrica -J, opposta di quella che definisce la struttura simplettica dello spazio delle fasi. La forma avrebbe, nel sistema di coordinate (W,Z), coefficienti formanti la matrice J; per trovare la matrice dei coefficienti di nelle coordinate (P,Q) si deve applicare la regola di trasformazione per le forme differenziali quadratiche, ottenendo con la matrice jacobiana del cambiamento di coordinate. Quindi la matrice dei coefficienti della forma è .
Per ipotesi la trasformazione da (P,Q) a (W,Z) è canonica, e per il teorema delle trasformazioni canoniche
e quindi è una forma chiusa .
Poiché la proprietà di essere chiusa non dipende dal sistema di coordinate (si veda Appendice B.2), anche è chiusa, e per il teorema di Poincaré è localmente una forma esatta , in un intorno U di :
ossia, in termini di derivate parziali, il campo vettoriale [P(Q,W), Z(Q,W)] è il campo gradiente di una funzione F(Q,W), di classe in un intorno di , dove è definito da . Valgono perciò le equazioni
che definiscono implicitamente la trasformazione canonica . Inoltre, derivando la seconda delle due equazioni qua sopra
La trasformazione canonica è univocamente definita dalle equazioni implicite, poiché la condizione assicura che si può ricavare dall'equazione che dà Z(Q,W), in un intorno di , la funzione implicita Q=Q(W,Z), che assieme a P(Q(W,Z),W) definisce .
Esempio:
e si ottiene la regola di trasformazione covariante , cioè con la matrice inversa:
Esempio:
definisce la trasformazione ortogonale per le coordinate Q:
e i momenti P
sono sottoposti alla stessa trasformazione.
La funzione generatrice è una funzione di variabili ``miste'', cioè metà ``vecchie'' e metà ``nuove''. Però la scelta di Q nella coppia di vettori (P,Q) e di W nella coppia di vettori (W,Z) è arbitraria. Questo si può eseguire componendo una trasformazione definita da F(Q,W) con una trasformazione canonica che scambia ogni coordinata con il suo momento coniugato, con un opportuno cambio di segno, in uno dei due sistemi di coordinate (o in entrambi).
Con una funzione generatrice
si ottiene la trasformazione:
Con la funzione generatrice in variabili miste
si definisce la trasformazione
La quarta formula usa la funzione generatrice
e la fornisce la regola di trasformazione con due segni meno:
L'unica difficoltà nell'impiego di una qualunque di queste quattro formule della trasformazione definita dalle funzione generatrice è quella di ricordarsi la regola dei segni. Per questo conviene, se possibile, attenersi al caso F(Q,W) che ha tutti i segni positivi.
In effetti si potrebbero anche usare, come variabili della funzione generatrice, alcuni vecchi momenti e coordinate, ed i corrispondenti coniugati tra le nuove variabili.
Il metodo della funzione generatrice per descrivere le trasformazioni canoniche consente anche di descrivere le soluzioni di un sistema hamiltoniano in termini di una sola funzione generatrice. Supponiamo infatti di cercare una trasformazione canonica che trasformi una hamiltoniana data H(P,Q) in una banalmente integrabile, per esempio K(W,Z)=K(W).
Se questo fosse possibile, renderebbe il sistema integrabile. Infatti, le soluzioni nello spazio delle (W,Z) sarebbero semplicemente, in funzione della condizione iniziale :
e sostituendo nella trasformazione inversa si avrebbero le soluzioni esplicite nello spazio delle (P,Q). La funzione generatrice cercata S(Q,W) dovrebbe definire una trasformazione canonica tale che
Per rendersi conto delle condizioni che questo impone alla funzione generatrice S(Q,W) occorre esprimere la relazione tra le due hamiltoniane in variabili miste (Q,W): sostituendo
oltre che l'ovvia Q(Q,W)=Q, si trova un'equazione alle derivate parziali (in generale nonlineare) detta equazione di Hamilton-Jacobi nella funzione incognita S(Q,W):
Si noti che la funzione K(W) può essere qualsiasi. La funzione S deve essere tale da funzionare correttamente da funzione generatrice di una trasformazione canonica, almeno locale, quindi deve soddisfare a
in tal caso si dice che S(Q,W) è una funzione caratteristica di Hamilton-Jacobi per il sistema hamiltoniano dato.
In generale, un'equazione differenziale a derivate parziali è più difficile da risolvere di un'equazione differenziale a derivate ordinarie. La formulazione mediante equazione di Hamilton-Jacobi è vantaggiosa quando si possono sfruttare alcune proprietà di simmetria della funzione hamiltoniana che rendono l'equazione a derivate parziali integrabile mediante quadrature .
Esempio:
e scriviamone l'equazione di Hamilton-Jacobi: la funzione generatrice incognita è della forma S=S(q,w), e deve soddisfare a
Poiché la sola derivata parziale della S che appare nell'equazione è quella rispetto a q, possiamo ricondurci ad una quadratura ricavando dall'equazione di Hamilton-Jacobi:
che si risolve localmente (cioè a meno della scelta del segno davanti alla radice quadrata) con la quadratura:
Benché questa quadratura sia esprimibile in termini finiti con funzioni elementari, non è neppure necessario eseguirne il calcolo, visto che nelle soluzioni appaiono solo le derivate parziali di S. Per semplificare la derivata rispetto a w, possiamo scegliere K(w)=w, ossia scegliere come nuovo momento proprio l'energia; ne segue che , cioè la nuova coordinata coincide con il tempo, a meno di una costante: . Allora
e questo è un integrale elementare che si esprime mediante la funzione arcoseno:
e sostituendo nella relazione che dà p in funzione dell'energia w:
Al solito il segno va deciso sulla base di considerazioni globali; per esempio i due segni + vanno bene.
Il caso più notevole in cui l'equazione di Hamilton-Jacobi può essere risolta esplicitamente (mediante quadrature) è quello in cui è possibile la separazione delle variabili , ossia si può trovare una soluzione dell'equazione di Hamilton-Jacobi della forma
In tal caso l'equazione di Hamilton-Jacobi si riduce a tante equazioni differenziali ordinarie, a variabili separabili, quanti sono i gradi di libertà, ottenute separando le parti dell'equazione che dipendono dalle singole . La funzione S si trova allora per quadrature. Questo sarà reso più chiaro da un esempio.
Esempio:
e cerchiamo una funzione generatrice
In questo caso la separazione delle variabili nell'equazione di Hamilton-Jacobi è particolarmente semplice perché è una variabile ciclica : nell'equazione
la variabile appare in realtà soltanto tramite ; quindi possiamo supporre che
a meno di costanti da cui si deduce che la costante di integrazione coincide con il valore costante del momento . Sostituendo nell'equazione di Hamilton-Jacobi
si può ridursi ad una quadratura ricavando l'espressione di , cioè di :
Poiché la soluzione contiene le derivate parziali di S rispetto ai nuovi momenti , conviene semplificare l'espressione della soluzione scegliendo in modo opportuno la funzione arbitraria : per esempio si può scegliere , cioè è l'energia, così come abbiamo già visto che il momento angolare. Allora la quadratura che dà S è:
Nel nuovo sistema di coordinate e quindi la variabile coniugata , mentre e le derivate parziali che forniscono la trasformazione e la soluzione sono:
Il problema dei segni va affrontato con un argomento globale, per esempio osservando che si possono scegliere gli estremi di integrazione nell'integrale indefinito in modo che l'estremo inferiore sia ; allora le costanti di integrazione sono il tempo e, rispettivamente, la direzione in cui la soluzione passa alla distanza . Se la distanza r(t) ha un minimo, il che si verifica con molti potenziali V(r), allora il momento sarà negativo prima di arrivare ad , positivo dopo, e con ragionamenti di questo tipo si possono aggiustare correttamente i segni. Si veda la Sezione 7.1.
Esempio:
e cerchiamo la funzione caratteristica di Hamilton-Jacobi nella forma
dove si è sottointesa la dipendenza dai nuovi momenti, che saranno tre costanti di integrazione. Sostituendo nell'equazione di Hamilton-Jacobi:
e dovendo il primo membro essere indipendente dalla tre variabili , si possono scrivere tre separate equazioni contenenti le tre variabili. La variabile , essendo ciclica, appare solo in , e quindi
una costante che è facile identificare con la componente z del momento angolare :
è la formula massa braccio velocità. Allora può essere scelto come uno dei nuovi momenti, e ha la semplice espressione
Sostituendo nell'equazione di Hamilton-Jacobi, si trova
con la parentesi quadra che racchiude la parte dipendente da ; perciò si può assumere che tale espressione sia una costante, dipendente solo dai nuovi momenti. Questa dipendenza è arbitraria, ma si può scegliere facendo in modo che la nuova costante di integrazione coincida con la lunghezza del vettore momento angolare :
infatti sostituendo nella hamiltoniana:
si ottiene la stessa funzione del caso piano, il che conferma che è la coordinata del vettore momento angolare perpendicolare al piano del moto, quindi possiamo assumere (con opportuna scelta di orientazione, cioè del verso in cui cresce ) che c sia la lunghezza del vettore momento angolare.
L'equazione per si ottiene risolvendo per il momento , cioè per la derivata di rispetto a :
che si può risolvere per quadratura nella variabile . A questo punto l'ultima delle tre funzioni a variabili separate che compongono la funzione caratteristica di Hamilton-Jacobi W si ottiene da:
che coincide con l'equazione di Hamilton-Jacobi per un problema ad un grado di libertà, e perciò è risolubile per quadratura: basta ricavare ed integrare
È disponibile ancora una scelta arbitraria, del terzo dei nuovi momenti; oppure si può scegliere l'espressione di E in funzione dei tre nuovi momenti. Se si fa la scelta più semplice possibile, cioè si usa E stessa come terzo momento, allora
è la funzione caratteristica di Hamilton-Jacobi cercata.
La scelta dei segni , ovvero la formula di soluzione globale del problema, è chiarita dalla teoria delle variabili azione-angolo ; si veda alla Sezione 6.6.