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6.1 REGIONI CAOTICHE

Sommario La mappa standard è un esempio semplice di sistema dinamico discreto conservativo che presenta il fenomeno del caos. Facili esperimenti numerici consentono di percepire la complessità dei comportamenti dinamici, e anche di trovare una giustificazione per alcuni di questi, per esempio nel caso del reticolo generato dai punti omoclinici, intersezioni di una separatrice stabile ed una instabile.

Esperimenti con la mappa standard

Il concetto di caos è di grande generalità, e si applica a sistemi dinamici sia continui che discreti. Per ottenere una prima presentazione del caos ci occuperemo solo del caso di un sistema dinamico discreto su di uno spazio a due dimensioni. Utilizzeremo a questo scopo un esempio già visto nel Capitolo 4: la mappa standard del pendolo.

La mappa standard è un esempio semplice, nel senso che le equazioni che definiscono la mappa stessa sono una combinazione di poche funzioni elementari, eppure la dinamica da essa definita è, come vedremo, ricca di tutta la complessità caratteristica dei sistemi conservativi caotici.

Richiamiamo la definizione della discretizzazione che trasforma il pendolo nella mappa standard. Essa contiene il parametro $h$, il passo d'integrazione. Utilizziamo il sistema di coordinate in cui $y$ contiene $h$, cioè svolge la funzione di incremento su di un passo della coordinata $x$:

\begin{displaymath}\left\{\begin{array}{lcl}
{\displaystyle x_{k+1}} & {\disp...
...e=} &{\displaystyle y_k-h^2\,\sin(x_k)}
\end{array}\right.\ .
\end{displaymath}

Questa mappa definisce un sistema dinamico discreto conservativo, infatti la matrice jacobiana è

\begin{displaymath}
A(x_k,y_k)= \left[\begin{array}{cc}{1-h^2\,\cos(x_k)}&{1}\\ ...
...&{1}\end{array}\right]
\hspace{5mm},\hspace{5mm}det\, A=+1 \ .
\end{displaymath}

Questa applicazione, che indichiamo simbolicamente come $X \mapsto
S(X), \ X=(x,y)$, è periodica di periodo $2\pi $ sia in $x$ che in $y$, quindi possiamo anche considerare che $x$ ed $y$ siano variabili angolo e che la mappa standard mandi un toro su se stesso.

La mappa standard (per ogni valore di $h$) ha esattamente due punti fissi, cioè punti $X_j$ sul toro tali che $S(X_j)=X_j$: $X_1=(0,0)$ e $X_2=(\pi,0)$. In questi punti la jacobiana, che definisce il linearizzato, è

\begin{displaymath}
A(X_1)= \left[\begin{array}{cc}{1-h^2}&{1}\\
{-h^2}&{1}\en...
...egin{array}{cc}{1+h^2}&{1}\\
{+h^2}&{1}\end{array}\right]\ .
\end{displaymath}

Quindi in $X_1$ la mappa $S$ ha, per $\vert h\vert<2$, un linearizzato di tipo rotazione, con autovalori complessi di modulo 1 (quindi moltiplicatori di Lyapounov uguali a 1); in questo caso si parla di punto fisso ellittico. Al contrario in $X_2$ il linearizzato ha due autovalori reali, di moduli uno maggiore ed uno minore di 1; in questo caso si parla di un punto fisso iperbolico.

Un altro punto con proprietà notevoli è $X_3=(0,\pi)$, tale che $S(X_3)=(\pi,\pi)=X_4$ e $S^2(X_3)=S(S(X_3))=X_3$. L'orbita di $X_3$ consiste di due soli punti che si alternano $S^{2j+1}(X_3)=X_4\;,\;
S^{2j}(X_3)=X_3$; si dice che i due punti $X_3, X_4$ formano un'orbita di periodo 2 del sistema dinamico discreto definito da $S$. La mappa $S^2$ ha due punti fissi $X_3, X_4$ oltre ai due posseduti da $S$; il linearizzato si $S^2$ in $X_3$ è dato dalla matrice

\begin{displaymath}
A^{(2)}= A(X_4)\, A(X_3)= \left[\begin{array}{cc}{1+h^2}&{1}...
...}{cc}{1-h^2-h^4}&{2+h^2}\\
{-h^4}&{1+h^2}\end{array}\right]
\end{displaymath}

con determinante 1 e traccia $2-h^4$, quindi (per $\vert h\vert<\sqrt{2}$) con autovalori complessi di modulo $1$. In questo caso si parla di punto periodico ellittico.

Si noti che non si può decidere sulla base della sola linearizzazione se $S$ è una mappa stabile nel punto $X_1$; lo stesso per $S^2$ in $X_3$ ed $X_4$. In effetti in questi punti è stabile, ma per dimostrarlo occorre usare un teorema difficile (vedi alla Sezione 6.4). Invece nella sella nonlineare $X_2$ è una mappa instabile per la presenza di una separatrice instabile (vedi più avanti in questa Sezione).

Figura 6.1: Alcune orbite della mappa standard del pendolo. Si notano le ``isole'' stabili attorno al punto fisso ellittico e all'orbita di periodo due (indicate da *), la regione caotica che circonda il punto fisso iperbolico (indicato da due *), e due catene di isole che lasciano supporre la presenza di orbite di periodo tre.
\begin{figure}{\centerline{\epsfig{figure=figures/figstmapauto.ps,height=11cm}}}
\end{figure}

Poiché l'orbita di un punto $X_0$ si può calcolare direttamente iterando la mappa: $S^k(X_0)$, e questo richiede un numero molto ridotto di calcoli (precisamente il calcolo di un seno e tre operazioni aritmetiche) per iterazione, è molto facile eseguire ``esperimenti al calcolatore'' sulla mappa standard. Nella Figura 6.1 sono indicati con circoletti le condizioni iniziali, ciascuna con la sua orbita (per $h=1$) calcolata per 1000 iterazioni.

Un programma Matlab per eseguire esperimenti sulla mappa standard: stmapauto.m

Nella figura sono evidenti due tipi molto diversi di comportamento dinamico. Alcune orbite, per esempio con condizioni iniziali vicine al punto fisso iperbolico $(\pi,0)$, sembrano riempire una regione caotica. Altre invece, per esempio con condizioni iniziali abbastanza vicine al punto fisso ellittico $(0,0)$, oppure con condizioni iniziali molto vicine al punto periodico ellittico $(0,\pi)$, sembrano disporsi su una curva invariante di Moser, con una o più componenti connesse, e appartengono a una regione ordinata. Si intuisce la presenza di qualche altro punto periodico, cioè punti $X$ tali che $S^k(X)=X$ per un qualche periodo intero $k$; per esempio al centro dei gruppi di tre ``isole'' ci dovrebbe essere un punto di periodo tre.

Per quale ragione si possono verificare comportamenti così diversi? Quali sono le proprietà rigorose delle orbite nelle regioni ordinate: esistono veramente delle curve invarianti? E quali sono le proprietà rigorose delle regioni caotiche: si tratta di insiemi aperti in cui una singola orbita è densa? Si può in qualche modo caratterizzare l'insieme delle orbite periodiche? Questo capitolo è dedicato ad una risposta molto parziale a queste domande.

Separatrici stabili e instabili

Nella Figura 6.1 è chiaro che la regione caotica contiene il punto fisso iperbolico $(\pi,0)$. Perciò occorre per prima cosa studiare il comportamento della mappa standard, e delle sue iterate, in un intorno di questo punto.

Il teorema che segue si applica non solo alla mappa standard ma a qualsiasi diffeomorfismo $S$ di ${\bf R}^2$ in se stesso, oppure di ${\bf T}^2$ in se stesso; ossia $S(x,y)=(x',y')$ dove $x,y$ possono essere sia numeri reali che variabili angolo.

Sia $X_0$ un punto fisso iperbolico per $S$, sia $A$ la matrice del linearizzato in $X_0$.

(a) Esiste una curva regolare iniettiva $\gamma : {\bf R}\to {\bf R}^2$ (oppure ${\bf R}\to {\bf T}^2$) tale che

  1. $\gamma(0)=X_0$
  2. la velocità $\gamma'(0)$ è un autovettore di $A$ con autovalore $\lambda_1$ tale che $\vert\lambda_1\vert<1$.
  3. l'immagine $\gamma({\bf R})$ della curva è un insieme invariante, cioè $S(\gamma(s))=\gamma(s_1)$, con $s_1=s_1(s)$ una funzione continua.
  4. per ogni $s\in {\bf R}$ si ha $\vert s_1(s)\vert<\vert s\vert$, inoltre $\lim_{k\to +\infty} S^k(\gamma(s))=X_0$. (Questa convergenza è esponenziale.)
Questa curva si chiama separatrice stabile.

(b) Esiste una curva regolare iniettiva $\delta : {\bf R}\to {\bf R}^2$ (oppure ${\bf R}\to {\bf T}^2$) tale che

  1. $\delta(0)=X_0$
  2. la velocità $\delta'(0)$ è un autovettore di $A$ con autovalore $\lambda_2$ tale che $\vert\lambda_2\vert>1$.
  3. l'immagine $\delta({\bf R})$ della curva è un insieme invariante, cioè $S(\delta(s))=\delta(s_2)$, con $s_2=s_2(s)$ una funzione continua.
  4. per ogni $s\in {\bf R}$ si ha $\vert s_2(s)\vert>\vert s\vert$, inoltre $\lim_{k\to -\infty} S^k(\delta(s))=X_0$. (Questa convergenza è esponenziale.)

Questa curva si chiama separatrice instabile.


Dimostrazione (facoltativa):
Viene data soltanto una traccia di dimostrazione; per una dimostrazione completa, si veda per esempio [Hartmann 64]. Mediante un cambiamento di coordinate locale, nell'intorno di $X_0$, riconduciamoci al caso in cui $X_0=(0,0)$, l'asse $x$ è l'autospazio di $\lambda_1$ e l'asse $y$ è l'autospazio di $\lambda_2$; cioè $A=diag[\lambda_1,\lambda_2]$. In questo sistema di coordinate la mappa $S(x,y)=(x',y')$ è della forma

\begin{displaymath}
\left\{\begin{array}{lcl}
{\displaystyle x'} & {\displays...
...=} &{\displaystyle \lambda_2\,y +G(x,y)}
\end{array}\right.
\end{displaymath}

dove $F,G$ sono infinitesimi di ordine superiore al primo per $(x,y)\to (0,0)$. Consideriamo ora una curva che sia il grafico di una funzione $y'=h_0(x')$. Tale curva proviene, per effetto della mappa $S$, da un'altra curva nel piano $(x,y)$. Per valori $x$ abbastanza piccoli, questa seconda curva sarà ancora esprimibile come grafico di un'altra funzione: $y=h_1(x)$. Sostituendo le espressioni per $x', y'$

\begin{displaymath}
y'=\lambda_2\,y +G(x,y)=h_0(\lambda_1\,x +F(x,y))=h_0(x')
\end{displaymath}

quindi sostituendo $y=h_1(x)$

\begin{displaymath}
\lambda_2\,h_1(x) +G(x,h_1(x))=h_0\left(\lambda_1\,x +F(x,h_1(x))\right)
\end{displaymath}

che rappresenta la relazione funzionale tra $h_0$ ed $h_1$. Ricavando $h_1(x)$ si trova

\begin{displaymath}
h_1(x)=\frac 1{\lambda_2} \left [h_0\left(\lambda_1\,x +F(x,h_1(x))\right)
- G(x, h_1(x))\right]
\end{displaymath}

Se il grafico della funzione $h_0$ è invariante per $S$, occorre che $h_0(x)=h_1(x)=h(x)$ e ne otteniamo un'equazione della forma del teorema del punto unito:

\begin{displaymath}
h(x)= \Phi [h](x)= \frac 1{\lambda_2} \left [h\left(\lambda_1\,x
+F(x,h(x))\right) - G(x, h(x))\right] \ .
\end{displaymath}

Per dimostrare l'esistenza e unicità del grafico $y_1=h(x_1)$ basta provare che l'operatore $\Phi$ è una contrazione di un opportuno spazio funzionale, che è uno spazio metrico completo. Questo si mostra in tre passi:

Per completare la dimostrazione, occorre far vedere che la funzione invariante $h(x)$ è differenziabile (mostrando che la convergenza ha luogo anche nello spazio completo delle funzioni $C^1$). Inoltre, scelto un punto $(s_0,h(s_0))$ sulla curva invariante, la sua immagine appartiene ancora alla curva e quindi è della forma $(s_1(s_0),h(s_1(s_0)))$; si noti che per $s_0$ abbastanza piccolo $s_1(s_0)<s_0$ perche' $\lambda_1<1$. Dato il segmento di curva $s\mapsto (s, h(s))$ definito sul segmento $[s_1(s_0),s_0]$ si può prolungare la definizione della curva invariante ad un intervallo arbitrariamente largo imponendo la condizione 3., cioè ponendo per definizione per ogni $s=s_1^k(s')$

\begin{displaymath}
\gamma(s)= S^k(\gamma(s'))
\end{displaymath}

e questo per ogni numero di iterazioni $k\in {\bf Z}$.

La dimostrazione relativa all'altra separatrice, che ha la forma $x=k(y)$, è analoga.

 C.D.D.


Esempio:


Figura 6.2: In 20 iterazioni la curva $y=0$ è stata trasformata in modo da avvicinarsi molto alla curva invariante, cioè alla separatrice.
\begin{figure}{\centerline{\epsfig{figure=figures/figseparat.ps,height=7cm}}}
\end{figure}

La presenza, nell'intorno di un punto fisso iperbolico, di due separatrici non spiega di per sé la formazione del caos. Una relazione però esiste se si suppone che le due curve invarianti non terminino in un punto fisso (come accade per le separatrici del pendolo nel caso continuo). Ne segue che non possono terminare affatto, cioè non può esistere né $\lim_{s\to+\infty}\gamma(s)$ $\lim_{s\to+\infty}\delta(s)$ (e neppure i limiti per $s\to -\infty$): tali punti sarebbero insiemi limite e quindi punti fissi (per l'equivalente discreto del teorema del punto limite). Se la mappa $S$ è definita su ${\bf T}^2$, che è compatto, in generale l'immagine $\gamma({\bf R})$ non sarà un chiuso perché possiede dei valori limite che non gli appartengono (lo stesso per $\delta({\bf R})$), ma deve ``avvolgersi'' infinite volte attorno a questi punti limite.

Per chiarire questo comportamento ``all'infinito'' delle separatrici utilizziamo un esperimento numerico, che costruisce esplicitamente, mediante iterazioni della mappa standard, un tratto necessariamente finito ma molto lungo delle due separatrici. (Attenzione: il ragionamento che segue vale per $\lambda_2>0$, come è vero per il punto iperbolico $(\pi,0)$ della mappa standard del pendolo; altrimenti bisognerebbe ricondursi a questo caso usando la mappa $S^2$.)

Il procedimento consiste nel costruire un'approssimazione di un segmento di una separatrice: per esempio se $X_0$ è un punto fisso iperbolico e $V_2$ è un autovettore del suo linearizzato $A$ con autovalore $\lambda_2$, si scelga un numero $\epsilon>0$ piccolo e si prenda il punto $X_s=X_0+ \epsilon V_2$ che non appartiene alla separatrice instabile, ma ha una distanza da essa di ordine superiore rispetto ad $\epsilon$ per $\epsilon\to 0$ (perchè la separatrice è tangente all'autospazio in $X_0$).

Figura 6.3: Il risultato dell'approssimazione di un segmento delle separatrici, per $N=8$. La separatrice instabile sta a destra, finché raggiunge il segmento $x=\pi $ che è identificato con $x=-\pi $ (la linea tratteggiata rappresenta questa identificazione). La separatrice stabile è quella che, dopo un tratto quasi rettilineo, si incurva verso il basso avvicinandosi all'altra.
\begin{figure}{\centerline{\epsfig{figure=figures/figstamasep1.ps,height=9cm}}}
\end{figure}

La sua immagine $X_d=S(X_s)$ sarà pure vicina alla separatrice stabile, essendo della forma $ X_0 + \lambda_2 \epsilon V_2 +
o(\epsilon)$. Il segmento $C$ che congiunge questi due punti è un'approssimazione di un segmento della separatrice. Tracciamo l'immagine $S(C)$, che sta più lontana dal punto fisso: essa ancora non appartiene alla separatrice, ma è più vicina ad essa di quanto non lo fosse $C$, perchè l'effetto della mappa $S$ è una contrazione (di un fattore $\lambda_1<1$) nella direzione $V_1$ trasversa a $V_2$. Dopo un certo numero di iterazioni, la distanza tra $S^k(C)$ e la separatrice instabile è diventata del tutto trascurabile. Tracciamo in un grafico tutti i punti di $\cup_{k=0}^N\, S^k(C)$ per un $N$ elevato, e questi rappresenteranno, con un'approssimazione molto buona, un segmento ``abbastanza lungo'' della separatrice instabile.

Si può procedere in modo analogo per la separatrice stabile: cominciando con il segmento $D$ di estremi $X_s=X_0+\epsilon V_1$ (dove $V_1$ è un autovettore di autovalore $\lambda_1$) e $X_d=S^{-1}(X_s)$, che è vicino alla separatrice, si iteri la mappa inversa $S^{-1}$ avvicinandosi alla separatrice. Tracciamo $\cup_{k=0}^N\, S^{-k}(D)$ come approssimazione di un segmento ``abbastanza lungo'' della separatrice stabile.

Figura 6.4: Le separatrici continuate fino ad $N=9$. Si notano i primi incroci delle due separatrici, cioè dei punti omoclinici.
\begin{figure}{\centerline{\epsfig{figure=figures/figstamasep2.ps,height=9cm}}}
\end{figure}

Le Figure 6.3-6.5 mostrano il risultato della costruzione precedente, con $\epsilon=10^{-4}$. Le separatrici restano vicine ai corrispondenti autospazi finchè la distanza dal punto fisso è piccola, poi hanno un comportamento nonlineare. Quando raggiungono il bordo del quadrato ricompaiono sul lato opposto, che si deve considerare identificato. A un certo punto la separatrice stabile e la separatrice instabile si incrociano. Per il teorema qui sopra ciascuna delle due separatrici è una curva iniettiva, quindi una separatrice non può incrociare se stessa, ma niente impedisce che incroci l'altra.

Un programma Matlab per tracciare le separatrici del punto fisso iperbolico della mappa standard: stmasep.m

Punti omoclinici

Figura 6.5: Una volta che le due separatrici si sono incrociate si ha un'orbita omoclinica, le intersezioni si ripetono e le separatrici si ripiegano per potersi intersecare. Se il primo punto omoclinico era trasversale tutte le intersezioni hanno angoli non nulli.
\begin{figure}{\centerline{\epsfig{figure=figures/figstamasep3.ps,height=9cm}}}
\end{figure}


Definizione:


Proprietà:

Dimostrazione:  C.D.D.


Da queste proprietà segue che se continuiamo le iterazioni nella procedura numerica delle Figure 6.3-6.5 ci saranno per forza altre intersezioni, in numero sempre crescente (Figura 6.6). Le orbite omocliniche sono almeno due, perchè ci sono due incroci tra le separatrici con orientazione differente.

Figura 6.6: In questo ingrandimento si comincia a vedere la figura che Poincaré non cercava neppure di disegnare. Non è facile ottenerla neppure con il computer: dopo $N=16$ iterazioni, punti che erano molto vicini nel segmento $C$ vengono mandati così lontani tra di loro che non si può rappresentare il tratto di separatrice che essi delimitano con un segmento.
\begin{figure}{\centerline{\epsfig{figure=figures/figstamasep4.ps,height=9cm}}}
\end{figure}

Intreccio omoclinico

Che cosa succede se si va avanti con l'esperimento? Non posso trovare parole migliori, per anticipare quello che si può vedere nello stesso grafico per $N$ più grande, di quelle usate da chi ha inventato questo esperimento, pur non avendo un calcolatore per farlo: Henri Poincaré scriveva [Poincaré 1899] (mia traduzione dal francese):

Che si cerchi di raffigurarsi la figura formata da queste due curve e dalle loro intersezioni in numero infinito, ciascuna delle quali corrisponde ad una soluzione doppiamente asintotica, queste intersezioni formeranno una specie di reticolo, di tessuto, di rete a maglie infinitamente strette; ciascuna delle due curve non deve mai intersecarsi da sola, ma deve ripiegarsi su se stessa in un modo molto complicato per venire a tagliare un numero infinito di volte tutte le maglie della rete.

Si sarà colpiti dalla complessità di questa figura, che io non cerco neppure di disegnare. Non c'è niente di più appropriato a darci un'idea della complicazione del problema dei tre corpi, e in generale di tutti i problemi della Dinamica non integrabili... [Pagina 389]

Figura 6.7: Un'immagine globale dell'intreccio omoclinico generato dalle separatrici del punto fisso iperbolico.
\begin{figure}{\centerline{\epsfig{figure=figures/figstamasep5.ps,height=9cm}}}
\end{figure}

Dunque, Poincaré ha scoperto il caos (anche se non usava questo nome, che è stato introdotto nel 1970). Il problema modello di cui si era servito era quello dei tre corpi della meccanica celeste, il che comporta delle difficoltà tecniche che abbiamo evitato in questo testo ricorrendo ad un esempio più semplice. Questo si può fare perché il fenomeno del caos è universale nei problemi di dinamica conservativi non integrabili, dei quali i più semplici sono le mappe conservative a due dimensioni.

Procedendo con l'esperimento, vediamo apparirci sullo schermo del calcolatore proprio la figura che Poincaré non osava disegnare, ma che era riuscito a immaginarsi senza l'ausilio di quel calcolatore, di cui oggi è difficile pensare di fare a meno. Le Figure 6.5-6.7 mostrano come le separatrici si intrecciano, e formano una regione che non abbiamo difficoltà a qualificare caotica, anche se ci manca ancora sia una definizione rigorosa di caos, sia un procedimento descrittivo che vada al di là delle parole di ammirazione di Poincaré per la complessità della dinamica.

Andrea Milani 2009-06-01